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della rivoluzione di roma | 675 |
odio facendo tutti la cosa stessa, si vide Roma deserta. E siccome da molti erasi divulgato che all’ingresso dei Francesi lo scoppio dell’ira avrebbe fatto nascere inevitabilmente un conflitto e conflitto sanguinoso, aveasi ben altra voglia che quella di far mostra di se per le strade o baldoria in piazza in un momento così supremo e pericoloso. E si può esser certi che chi trovossi all’entrar de’ Francesi in compagnia di Cernuschi e consorti, osservò che eran proprio di quelli che amavano di accattar brighe, ed ai quali (come se poco se ne fosse versato) non sarebbe rincresciuto di vedere scorrere altro sangue umano. E che fra questi vi fosser di coloro che gridarono morte a Pio IX, morte ai preti, morte al cardinale Oudinot, evviva la repubblica romana, come dice la relazione stampata, lo crediamo agevolmente; ma il quadro che abbiam tracciato farà conoscere da quanti e da chi in quel momento cosiffatte grida pronunciaronsi.
La sera la città tutta era occupata dai Francesi. Altri sconci non accaddero. Roma versava nel più cupo silenzio. La sua condizione però era tristissima, perchè l’assemblea con quel suo fiero spartanismo che la portò a ricusare ogni trattativa di resa, volle rinnovellar l’esempio o meglio scimiottare il contegno dei senatori romani che rimasero all’entrar de’ Galli fermi al loro posto. Meglio però ci sembra avrebbe fatto provvedendo con patti e condizioni alla incolumità de’ suoi difensori, fra i quali v’erano i giovani lombardi, meritevoli al certo d’ogni rispetto. Non essendo stata pattuita condizione veruna, restaron tutti alla mercè dei vincitori senza malleveria di sorta alcuna, e il Dandolo stesso a ragione se ne lamenta.1 A lode per altro dell’onore francese, eglino non abusarono del loro stato, ed ebbe ragione il Cernuschi di esclamare nell’atto di sopra riferito, che Roma ebbe i più civili stranieri per soggiogarla.2