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uno de’ suoi capitani con pochi uomini d’imporre silenzio a quelle provocanti vociferazioni. E bastò il solo mettersi in attitudine di voler disperdere quel gruppo d’indemoniati condotto sempre dal Cernuschi, perchè si arrestassero; e fatta una qualche resistenza per non consegnare la bandiera, venne lor tolta. Ed allora le grida cessarono, ed i pochi ma molesti ammotinatori si dispersero.

Si racconta l’ingresso dei Francesi nel supplemento di un mezzo foglio al Monitore del 3 di luglio, supplemento che fu distribuito a qualcuno soltanto degli abbonati, e che conseguentemente è divenuto rarissimo.

Il racconto però, opera del partito repubblicano irritato e soccombente, dimostra tutta la passione e l’esagerazione di partito, e non è quindi tale da potersene fidare.

Sappiam noi ch’eravamo in Roma quale giorno di trepidazione e di terrore fu quello. Era partito il Garibaldi è vero con quattro o cinquemila combattenti. Ma ve n’erano altri dieci o quindici mila per lo meno. Vera una parte della civica mobilizzata, composta massimimente di gioventù indisciplinata e pronta al mal fare, V’eran tutti gl’impiegati o i beneficati dal nuovo governo: vi eran pure i nemici più dichiarati dei clericali fra i cittadini di bassa e di media classe. Chi ignora poi che il ributto, il lezzo, il fondo della sentina di una grande città somministra sempre molti torbidi e pestiferi elementi? E questi vi erano e fermentavano e ribollivano, e le ire compresse non erano spente.

Si conoscevan già dal pubblico le avvenute uccisioni di preti o di altri di cui facemmo discorso, ma si temeva di peggio; e quindi tutti i cittadini d’indole temperata e tranquilla stavano nelle lor case. Chiuse eran le porte; chiuse, è verissimo, le imposte delle finestre all’ingresso dei Francesi.1 Taluni lo avran fatto per odio, altri e molti più lo fecero per timore: e così o per timore o per

  1. Vedi Dandolo, pag. 247.