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Noi simpatizziamo col municipio repubblicano del 1849 e ne abbiam fatto l’elogio nel capitolo XII pel modo col quale si condusse a tutela del popolo romano. Con pari franchezza però dobbiamo criticare questo suo atto, perchè ivi si dice che i nemici salutano in Roma la città, dei monumenti. Permetterà il municipio che un Romano gli domandi se Roma (anche parlando soltanto storicamente) non abbia altro merito se non che quello di essere la città de’ monumenti? Crediamo che a questa domanda si troverebbe assai imbarazzato per dare una risposta.

Occupandosi sempre lo stesso municipio dei provvedimenti a mantenimento dell’ordine, vietava di togliere il legname e qualunque altro materiale delle fortificazioni tanto interne quanto esterne, lungo le mura della città, senza un ordine in iscritto della magistratura romana.1 E prometteva di elargire soccorsi a coloro che nella difesa della patria furono resi inabili al servizio, od ai loro congiunti che traevano dai medesimi il sostentamento.2

La mattina poi del 2 fu memorabile pel servizio funebre celebrato nella chiesa di san Lorenzo in Lucina in suffragio dell’anima del colonnello Manara morto il 30 giugno per la ferita toccatagli sul Gianicolo.

Luciano Manara appartenente ad una chiara famiglia di Milano aveva preso una parte attivissima nella rivoluzione lombarda del 1848, e fu il condottiero di quella legione che allora formossi, e che poi si chiamò legione lombarda.

Non è luogo a rammemorarne le gesta che con tanta semplicità, ingenuità, chiarezza ci narra nel suo aureo libretto il conte Emilio Dandolo, sotto il titolo: I volontarii ed i bersaglieri lombardi ec., pubblicato in Torino nel 1849.

Il Manara non aveva che 24 anni, e lasciava, morendo, una tenera moglie con tre figlioletti. Spirò fra le braccia del Dandolo stesso che era stato ed era il suo amico più sviscerato.


  1. Vedi Monitore del 3 luglio, pag. 658.
  2. Vedi detto.