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della rivoluzione di roma | 661 |
dimeno, mossa dalle persuasioni del Mazzini, si piegò a procrastinare la sua risoluzione.
» Il Generale Bartolucci che fino allora aveva assistito in silenzio all’Assemblea, domandò la parola, e siccome quegli che ben conosceva il vero stato delle cose, e che aveva originalmente letti i rapporti del Garibaldi, parlò in modo che persuase tutti i deputati a prendere una sollecita risoluzione, perchè la Città non avesse a soffrire più gravi disastri.
» Faceva egli riflettere, essere del tutto impossibile qualunque ulteriore difesa, nè a lui dare il cuore di vedere minata l’eterna Città.
(Degna risposta fu questa di un Romano che abborre dalle rovine della sua patria, e ben dissimile da quella del Cernuschi il quale appunto perchè non romano ma lombardo, si allietava, sorridendo, per la distruzione delle ville e delle delizie suburbane di Roma).
» La Camera dunque a tale discorso riprese animo, persuadendo il Mazzini ad un’onorevole resa. Questi fe’ appello al Garibaldi domandando che di persona venisse all’Assemblea per notiziarla a voce. Dopo due ore il detto Generale era nella sala. Egli fece conoscere quanto tremenda fosse la posizione della truppa, e quali i vantaggi ottenuti dai Francesi, e perciò non rimanere che due partiti o di arrendersi onoratamente o di una disperata difesa con richiamare tutti gli abitanti del Trastevere nella sinistra del fiume, piantare ivi e sui bastioni di S. Spirito le batterie.
» Presso tali disposizioni la Camera decretò in questi precisi termini:
«In nome di Dio e del Popolo
» L’Assemblea Costituente Romana cessa una difesa divenuta impossibile, e sta al suo posto.