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della rivoluzione di roma | 655 |
ispaventava i Romani, non dava coraggio a’ reazionari, ma solo produceva danni. — Ci asterremo dal fare osservazioni su questa e sulle altre cose che ivi si dicono.1
Roma, come tante volte avvertimmo, era divenuta il ritrovo generale di tutti i faccendieri politici; ed anche il dottor Goglioso volle venirvi a dare un saggio della sua valentia non già nella medicina, ch’era la sua professione, ma in politica, ove quasi tutti fan naufragio. E naufragò ancor lui, essendo disconosciuti i suoi consigli: sicchè annunziava la sua partenza per Pisa affine di riassumervi la cura de’ suoi malati, i quali è da sperare nol fossero gravemente, altrimenti la sua assenza di un mese poteva esporlo al rancore di non trovarli più fra i viventi.
Il secondo episodio fu la occupazione per parte dei Francesi della polveriera in Tivoli, la quale, ad impedire la fabbricazione ulteriore delle polveri, venne distrutta completamente, gettando nell’acqua la polvere, il salnitro e lo zolfo.2 Inoltre ci racconta il Vaillant che furon prese centottanta vetture, la maggior parte cariche di vino e alcune di polvere, che dirigevansi a Roma.3
Ripiegandoci ora all’interrotto racconto delle cose militari, diremo che il 29 di giugno come festa di san Pietro sarebbesi dovuto, se in tempi regolari, solennizzare colla solita pompa. Assenti però il papa, i cardinali, e la corte pontificia, nè il pontificale nè le altre sacre funzioni ebber luogo. Solo si fece la sera, per ordine del municipio, la consueta illuminazione della facciata, del colonnato, e della cupola di san Pietro. Se non che un temporale orribile suscitatosi appunto nell’ora dell’illuminazione, impedì alla popolazione di concorrervi. Vi fu dunque, ma passò quasi del tutto inosservata. I Francesi vedevanla dal campo ma di sghembo; e intanto meditando di dar l’assalto finale