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La batteria francese n° 14 aveva però continuato dal mattino a trarre in breccia contro il fianco sinistro del bastione 8. Alle ore 4 e 1/2 della sera il muro cadde: alle ore 8 la breccia era quasi praticabile. Furon prese subito le disposizioni per dar l’assalto durante la notte montando direttamente per la breccia del bastione 8, mentre un’altra colonna, nell’interno della cinta, avrebbe attaccato di viva forza questo bastione alla gola; ma alle ore 9 della sera il generale in capo fe’ sapere che l’assalto doveva differirsi alla notte seguente.1

Anche il giorno di san Pietro (29 di giugno) vi fu cannoneggiamento tutta la giornata. I Francesi tirarono sopratutto sul bastione 8 per isquarciarne la breccia e molestare i Romani che lo munivan di difese, sul bastione 9, e sul palazzo Savorelli. Alle 3 pomeridiane circa la breccia fatta al bastione 8 era visibile da tutti, anche ad occhio nudo, accanto al casino di villa Spada. Vi fu pure in quel giorno cannoneggiamento fra la batteria n° 2 e quella dei Romani nel giardino di sant’Alessio.2

Prima di raccontare l’attacco finale che mise Roma in potere dei Francesi, dobbiamo far menzione di due episodi storici.

Consiste il primo in una lettera che un tal Goglioso dottore in medicina dell’università di Pisa e della facoltà medica di Parigi, diresse al generale Oudinot.

Era il medesimo giunto in Roma da un mese coll’intendimento di cooperare ad imprimere alla vertenza franco-romana un indirizzo più conforme ai diritti e ai doveri delle due repubbliche.

In quella lettera il dottore medico-politico dimandava all’Oudinot di desistere dal bombardamento perchè non

  1. Vedi Vaillant, pag. 129 e 130. — Vedi Atlante generale dell’assedio ec., pag. 4.
  2. Vedi Vaillant, pag. 132 e 133, Atlante generale dell’assedio ec., pag. 4.