Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/64

60 storia

terzo volume, parlando della Costituente, percorsero altra volta la città, ma il loro grido fu per oggetto più nobile. I lavoranti di strade di campagna intercedavano per la Costituente!

Annunciammo pure in detto capitolo l’arrivo in Roma del Garibaldi il giorno 12. Dimenticammo però una circostanza e fu, che quando si recò al circolo popolare conobbe ed abbracciò il Ciceruacchio il quale, fra le altre cose, disse al medesimo:

Un fatto d’armi io vorrei;
Non più paternostri e giubilei.

Queste parole, tristamente di un assai grave significato, furonci tramandate da un giornale rarissimo, che uno dei tanti Calabresi rifugiatisi in Roma (un tal Domenico Cuzzocrèa) compilava, e che portava per titolo L’Italia libera, di colore ultra repubblicano, aggiungendo che grande simpatia ed amicizia si strinse fra il prode guerriero ed il caldo popolano.1

Anche il circolo romano, che pareva si fosse addormentato, si destò ancor esso all’annunzio che vi fosse qualche pericolo che le provincie volessero distaccarsi dalla capitale, ed esortava con un indirizzo per la pronta convocazione di un’assemblea generale con voto universale.2

Intanto Mazzini se mandava indirizzi e sollecitazioni a Roma (come ne abbiamo ricordato alcuno dopo il 16 di novembre) si adoperava anche colla diplomazia, e secondo il Contemporaneo del 13 pubblicò un indirizzo sottoscritto da esso e dal suo segretario Lizabe Ruffoni in rappresentanza dell’associazione nazionale italiana. Esso era datato dalla Svizzera il 30 novembre, ed era diretto tanto al signor de Tocqueville, quanto a lord Minto, in favore dell’indipendenza e nazionalità italiana.3


  1. Vedi L’Italia libera del 15 decembre, n. 4, pagina quarta.
  2. Vedi il Contemporaneo del 15 dicembre, pagina terza.
  3. Vedi il detto del 13 detto. — Vedi l’Epoca n. 225.