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della rivoluzione di roma | 621 |
Ordinavasi pure dal triumvirato che la zecca e l’ufficio del bollo acquistassero argento in pasta o manifatturato coll’aumento del 20 per cento, per coniar moneta.1
Ordinavasi pure il 5 la sospensione della vendita di pegni al sacro Monte di pietà per le somme non superiori agli scudi 30.2
Decretavasi il 6 la emissione di 100 mila scudi in boni di 10 baiocchi;3 e si devolveva con decreto alla sola commissione di requisizione la facoltà di requisir danaro, argenti ed altri valori metallici.4
Ed il giorno 7 i due rappresentanti del popolo Pietro Guerrini e Giovan Battista Luciani, commissari straordinari del rione di Campo Marzo, all’oggetto di facilitare le compre dei generi commestibili e le minute contrattazioni, dichiaravan rei di tradimento verso la patria coloro che si ricusavano di cambiare i piccoli boni con moneta erosa o di rame.5
Savio, umano il provvedimento, ma inefficace quando la fiducia è spenta. In tal caso gli eccitamenti, le minacce non valgono a nulla: e pur troppo una delle piaghe di quell’epoca malaugurata, e uno degl’imbarazzi più seri pe’ poveri cittadini vessati, spaventati, minacciati e costretti a tacere, furon quelli di non trovare chi desse resti in rame, in guisa che fu forza si acconciassero a ricever da’ caffettieri, da fruttajoli, e perfino dagli erbajuoli, piccoli boni sopra di loro per il residuo delle giornaliere minute contrattazioni. Lo scrivente prese un caffè sulla piazza di san Pietro, ed ebbe per resto un piccolo bono che non isconto giammai.
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