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delle altre opere degli assedianti. Sentivansi ogni giorno cannonate, ogni giorno si credeva o si temeva l’assalto, e non si poteva comprendere il perchè non accadesse.

L’ingresso dei Francesi per le brecce la notte del 21 al 22 incominciò a far comprendere qualche cosa sulle operazioni di un assedio regolare, di cui il popolo non aveva la minima idea. Riempironsi di stupore i Romani allorquando entrati i Francesi definitivamente in Roma, schierarono le loro artiglierie e fecer vedere di qual sorta di cannoni erano muniti.

Ritornando ora alle operazioni militari ripeteremo che i Francesi, appena superatele brecce, incominciarono immediatamente i lavori di trincea entro le mura della città. I difensori di Roma ritiratisi allora nel recinto Aureliano, aprirono alle 2 e 1/2 della mattina il fuoco di due batterie, una all’estremità del primo ramo di quel recinto presso la porta san Pancrazio, l’altra avanti la chiesa di san Pietro in Montorio. Anche la batteria romana di sant’Alessio traeva colpi contro il bastione 6. Ben presto l’intensità di questi fuochi convergenti fu tale, che il capo dell’attacco giudicò non solo di far cessare il lavoro, ma di lasciare nel bastione la sola guardia necessaria rannicchiata negli scavi di già fatti. 1 L’artiglieria romana pertanto se non ebbe forza di distruggere i lavori de’ Francesi, n’ebbe però abbastanza per molestarli gagliardamente e mostrar loro ad un tempo, che ne’ Romani non era difetto di coraggio nè di perizia militare.

Parve che i Francesi ne fossero grandemente irritati, perchè sia per volersene vendicare, sia per fiaccare il romano orgoglio e la inesplicabil resistenza (sembrando loro insensata cosa il resistere al punto in cui eran giunte le cose), sia infine per iscuoterli, intimorirli, e determinarli alla resa, lanciarono nella sera in città oltre centocinquanta fra granate e bombe di piccol calibro, le quali caddero

  1. Vedi Vaillant, pag. 107.