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L’indirizzo del generale Oudinot e le risposte dell’assemblea, del generale comandante la guardia nazionale, del general Roselli, e del triumvirato, sono, per riguardo alla storia, del massimo interesse, e posson leggersi nel Monitore romano. 1

Quanto alla risposta negativa delle autorità di Roma, di cui l’anima e il cuore era il Mazzini, se dicemmo che fu qual’era da attendersi, lo dicemmo per la semplicissima ragione che quello che al generale francese sembrava un sufficiente motivo per consigliarne la resa, cioè il desiderio di risparmiare sanguinose rovine alla capitale (lei mondo cattolico, non era e non poteva esserlo affatto pel Mazzini cui nulla caleva di Roma, dei monumenti e delle chiese al culto cattolico consecrate.

Il risparmiare pertanto queste rovine non poteva essere soggetto dei palpiti del Mazzini; poiché come già raccontammo sotto la data del 23 maggio, egli ed i suoi professavano il principio che chi delle rovine ha paura non comprende la vita, e che purché l’Italia si facesse, sarebbe stato indifferente che corressero fiumi di sangue, che le rovine succedessero agl’incendi e gl’incendi alle rovine.

Il Cernuschi poi, che fu chiamato per prender parte alla discussione, tanto meno poteva lasciarsi ammorbidire dalle considerazioni conservatrici dell’Oudinot, esso che vantossi in un atto pubblico di avere arso ed atterrato lietamente le ville e le delizie suburbane di Roma, per salvare questa, com’egli disse, capitale d’Italia.2

Un uomo come il Cernuschi, ch’era la quintessenza del mazzinianismo più esagerato, che con cinico lepore scherzava sugli effetti delle bombe, parificandole ai giocattoli dei bimbi, e che si allietava per le rovine della città eterna, era egli presumibile che potesse mettersi in pena per le scrostature degli edifici onde favorire un ac-

  1. Vedi il Monitore del 13 giugno, pag. 577.
  2. Vedi l’atto della commissione delle barricate del 13 giugno nel Monitore, alla pag. 581.