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della rivoluzione di roma | 601 |
cupare le case che erano qua e là sulla sua diritta per proteggere l’artiglieria che era destinata alla sinistra della linea di battaglia. La cavalleria poi uscendo anch’essa da Porta Cavalleggeri e trapassato il recinto Vaticano doveva tenersi più innanzi appostata su quelle alture onde impedire alla brigata che era a monte Mario e ponte Molle poter soccorrere il campo attaccato dai nostri. Questo era il disegno del generale in capo e del suo stato maggiore: noi lo abbiamo riferito come storici dubitando assai della felice riuscita di quella impresa, chè le nostre giovani milizie non usate agli esercizi ed alle discipline del campo non potevano prosperosamente combattere all’aperto truppe brave, agguerrite, non meno delle italiane impetuose agli attacchi. Il generale Garibaldi volle il comando di quella impresa di cui non sappiamo se intendesse seguire in tutto l’idea o solo operare una sortita per manomettere i lavori del nemico. Riunì otto mila uomini sulla piazza di san Pietro la sera del 10, e perchè tra le tenebre si potessero distinguere uscirono incamiciati da porta Cavalleggeri. Invece di mandare innanzi per esploratori i soldati del paese marciavano avanti a tutti i Polacchi, i quali tra quei difficili luoghi scambiato sentiere anziché procedere s’imbatterono nella legione italiana testa della prima brigata. Le prime file dinnanzi in quella oscurità della notte travedendo nemici nei compagni tirarono ciecamente sopra loro, si scomposero, e in quella confusione feritisi alcuni tra loro si precipitarono gli uni sugli altri, ed avrebbero col loro esempio sciolte le ordinanze anche delle altre milizie se il bravo colonnello Mezzacapo alla testa della seconda brigata non avesse tenuto fermo, e posto sui fuggenti stessi alcun ordine.»
Questo racconto dice chiaramente la mala riuscita della fazione militare cui si diè il nome d’incamiciata.
I Francesi poi sembra che quasi neppur si avvedessero della sortita del Garibaldi dalla porta san Pancrazio, e nella