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della rivoluzione di roma | 571 |
ganni che ordivansi alle disgraziate popolazioni, ci è forza di metterli sotto gli occhi dei nostri lettori, perchè sugli nomini, sulle cose, e sui tempi di allora, possan portare adequati giudizi.
Un altro proclama pertanto ci viene somministrato fra quelli che in quel tempo pubblicaronsi. In esso dicevasi fra le altre cose: «Che aspettiamo più? quale altra vergogna dobbiamo soffrire da questo scellerato Governo?.... Ferdinando... ha condotti i suoi soldati nello stato romano: ma Dio l’ha punito.... Roma ha vinto: Bologna ha fatto un macello di Tedeschi: gli Ungheresi hanno distrutto l’impero d’Austria e stanno per venire in Italia. E noi che aspettiamo più?
» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» Il tempo è giunto, prendiamo le armi. All’armi, o Abruzzesi, unitevi al valoroso Garibaldi che vi chiama: all’armi, o Pugliesi, o Sanniti, o popoli ec.»
Siccome il Garibaldi portossi precipitosamente nel regno di Napoli per la via degli Abruzzi, è chiaro che questo proclama fu da lui scritto e divulgato in quella occasione.1
La escursione garibaldiana però non sortì un buon effetto, perchè l’eroe di Montevidco alle 11 antimeridiane del giorno 31 maggio si restituì in Roma, e poco o nulla ai parlò della sua spedizione ne’ giornali.2
Agli offici diretti, per noi rammemorati più sopra, dei repubblicani a fine di propiziarsi vie maggiormente la benevolenza e l’appoggio di lord Paimerston e consorti in Londra, e dei Montagnardi in Parigi, voglionsi aggiungere taluni sotterfugi diplomatici, o falsità manifeste, cui per ingannare la opinione pubblica in quelle potentissime regioni che nomansi Francia e Inghilterra, si ebbe ricorso. Era ciò di grave momento pei repubblicani romani, in quanto che ritenevasi le lor sorti essere in balia di quelle regioni che,