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della rivoluzione di roma | 561 |
sommi in ogni genere di arte e di civiltà; e voi, stranieri di tutto il mondo, ch’eravate pur lieti di venire come ammiratori in Italia a contemplare queste sue grandezze, e ad istudiarvi il genio del grande e del bello, tornatevene: queste grandezze più non vi sono, sparirono. N’esistono bensì gli avanzi, e saran soggetto di escavazioni come lo sono quelli di Tebe, di Ninive, di Babilonia. I quadri del Canaletto vi diranno come era Venezia, i volumi del Gori quale il Museo Fiorentino, il Vaticano illustrato del Pistoiesi quali le meraviglie del nostro museo e le ricchezze della prima basilica del inondo; ma nulla più. L’ambizione dei demagoghi, le ire fraterne, la esagerazione dell’amore di libertà le distrussero.
Così disgraziatamente dovremmo esclamare ove il programma dei mazziniani e le loro dottrine avessero avuto il lor compimento: poichè se attuate venissero cosiffatte teorie, tutto piombar dovrebbe in balia del ferro e del fuoco pur c/iè si combatta e si vinca. E così assiderebbonsi un giorno sventurati Italiani sui mucchi di pietre (come Mario sulle rovine di Cartagine) a contemplare lacrimosi le rovine d’Italia e di Roma.
Ora vogliam narrare come ed in qual modo adoperavansi i repubblicani di Roma per procacciarsi amici e protettori all’estero, fino al punto di voler suscitare commovimenti e rivolture che tornar potessero a loro vantaggio; con quali artifìci agir facessero all’estero i loro incaricati; e come nell’interno col terrore non solo, ma colle blandizie, colle lusinghe, e colle promesse di un migliore avvenire, sapesser tenere in rispetto ed in freno ie ingannate popolazioni. Nè a questo limitavansi le lor pratiche, imperocchè non una, ma più e più volte studiarono e trovarono il modo di far pervenire all’armata francese foglietti stampati in carattere minutissimo, per tentarne la fedeltà. Tutte queste cose verranno da noi paratamente indicate e documentate, e non riuscirà al certo