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A completare poi la farsa si chiamò in iscena il frenator delle tempeste, Ciceruacchio, al quale secondo il Monitore si diresse il governo, invitandolo ad impedire un atto irriverente e indecoroso alla maestà della religione e del popolo. E questo bastò perchè il popolo smettesse, e se ne andasse a casa sua. Quindi aggiunse che si sarebber fatte accurate indagini per iscoprire l’autore del disordine.1

Era intanto argomento di lutto per la Roma repubblicana la resa di Bologna, la quale non può niegarsi che diede prova di spiriti marziali resistendo per otto giorni agli assalti austriaci. Ne venne annunciata la caduta ai Romani con quel celebre proclama che incomincia cosi:

«L’Austriaco inoltra. Bologna è caduta: caduta dopo otto giorni sublimi di battaglie e di sacrifici.» Poi vi si parla dei soliti tre milioni che vogliono seppellirsi tutti sotto le rovine, e quindi si chiude il proclama con queste parole:

«Chi non combatte in un modo o nell’altro l’invasore straniero s’abbia l’infamia: chi, non fosse che per un istante, parteggia per esso perda la patria per serapre o la vita. Sia punito chi abbandona all’invasore materiali da guerra: punito chi non s’adoperi a togliergli viveri, alloggio, quiete: punito chi, potendo, non s’allontana dal terreno ch’esso calpesta. Si stenda intorno all’esercito che innalza bandiera non nostra, un cerchio di fuoco o il deserto. La Repubblica, mite e generosa sinora, sorge terribile nella minaccia.

» Roma starà.

» Dato dalla residenza del Triumvirato li 21 maggio 1849.

» I Triumviri2


  1. Vedi Monitore, pag. 482. — Vedi Positivo del 22 maggio, pag. 315.
  2. Vedi detto, pag. 486. — Vedi la Pallade del 22 maggio, n. 546. — Vedi l’originale tutto di carattere del Mazzini, nella nostra raccolta, volume Autografi ec., n. 27.