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della rivoluzione di roma | 555 |
«Io sospetto che il Mazzini, uomo ragguardevole e influentissimo, voglia favorire uno scisma religioso; i suoi scritti lo devono far temere. Egli ha spesso conferenze con personaggi inglesi viaggiatori; vede missionari protestanti di tutte le nazioni. — Cercare di liberarlo da queste influenze e persuaderlo che la Francia, di cui diffida, deve esser la sola speranza delle libertà italiane; distorlo dalle sue idee di scisma ed, occorrendo, denunziare queste tendenze a qualche patriota dell’Assemblea facendole considerare come un tradimento alla causa della libertà italiana che non deve separarsi dal cattolicismo.»
Egli è dunque a sapersi che il 20 di maggio furono tolti parecchi confessionali dalle chiese di san Carlo al Corso e di san Lorenzo in Lucina. Vennero trasportati sulla piazza del Popolo e messi in ordine di parata, quasi che volessero bruciarsi. Non mancaron parole ed atti di scherno per parte di taluni contro il culto cattolico.
Queste improntitudini però provocarono tale una disapprovazione nel popolo, e si disse perfino in molti di quei giovani onorati i quali formavano la legione lombarda, che convertissi, o era sul punto di convertirsi, in una popolare sommossa; sicché vennero ordini per soprassedere al mal riuscito esperimento. Lo stesso Farini accennando il fatto dice che i sollevatori, i settari, i ciurmadori, i tristi che il Mazzini indiava, «facevano ludibrio della confessione, togliendo i confessionali dalle chiese per farne un falò sulla piazza del Popolo, e non compivano il disegno perchè i Triumviri coi manifesti pubblici, col danaro e colle persuasioni furono in tempo di frenare l’empia frenesia.»1
L’atto officiale che rese alle chiese i mal tolti confessionali diceva così: