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sin dal 17 di maggio, ed era arrivata il 18 a Velletri. Essa si disponeva a continuare la sua marcia retrograda su Terracina, allorché nel mattino del 19 fu attaccata da Garibaldi. Questo capo di partigiani, rassicurato dalla parte dei Francesi pel fatto dell’armistizio, era sortito da Roma alla testa di 12 o 13 mila uomini, e, girando la montagna di Albano per la strada detta di Frosinone, si era avanzato su Velletri per Palestrina e Valmontone. Dopo un combattimento nel quale le truppe romane conservarono il vantaggio dell’attacco, il re di Napoli abbandonò le sue posizioni e riprese, il 20 maggio, il suo movimento di ritirata, ch’effettuò fino a Terracina senz’essere altrimenti inquietato.

» Garibaldi rientrò in Roma.» (Così dice Vaillant. Ciò peraltro non è esattamente vero perchè prima di rientrare in Roma fece una scorreria, ed entrò nel regno di Napoli).

«I risultati del combattimento del 19 maggio, prosegue il Vaillant, furono esagerati, come lo erano stati quelli della ricognizione fatta dai Francesi il 30 di aprile. Gli spiriti si esaltarono maggiormente nella città, e vi si prepararono ad una difesa vigorosa.»

Sembrerà, e con ragione, che ci siamo troppo diffusi nel parlare di questa fazione militare, ma lo facemmo per i seguenti motivi:

1.° Per mettere in sodo il fatto essenziale che la ritirata dei Napoletani era già ordinata e predisposta fin dal 17 maggio, e che quindi non fu la spedizione romana che la provocò.

2.° Per provare che lo scopo al quale fu diretta la spedizione stessa mancò completamente; e che perciò dal combattimento ch’ebbe luogo, se ben si considera, tutto sommato, questo solo risultonne, che perderono le parti belligeranti cento o duecento uomini per ciascuna, e che mentre l’una non raggiunse l’intento, l’altra non fu nè arrestata nè molestata nella esecuzione del fine propostosi.