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Un colloquio fra il generale Oudinot ed il colonnello napolitano d’Agostino, inviato dal re di Napoli a conferire col general francese, spiegherà tutto.

Stabilivasi dall’Oudinot, che in seguito del fatto del 30 di aprile, e della discussione e susseguente risoluzione della francese assemblea ch’ebbe luogo a Parigi, l’esercito di Francia non poteva più agire congiuntamente a quello di Napoli per la presa di Roma. L’onor militare francese trovandosi compromesso, i Francesi dovevano esser soli a conquistarla. Il colonnello d’Agostino rientrava in Albano la mattina del 17 e riferiva il tutto al re.

Il re di Napoli allora, informato di questa determinazione importante del general francese, e fatto certo, per una lettera intercettata, che i Romani meditavano una spedizione contro la sua armata, credette prudente di ritirarsi, e dette gli ordini a tal effetto.1

La condotta del governo francese sembrava equivoca, la missione del Lesseps misteriosa, e le apparenze rivestivano un tal carattere di ambiguità, che fino a che non si vedesse più chiaro, parve savio partito il ritirarsi.

I Napolitani avevano pure sgomberato Valmontone e Monte Fortino, e questi due paesi furono occupati dai Romani. Era l’armata romana vettovagliata con previdenza fino al giorno 20. La mancanza di disciplina per altro, di cui querelossi altamente il Roselli che capitanava la spedizione, mise non solo nelle più serie difficoltà gli amministratori delle forniture, ma pose nel rischio di mandar fallita un’impresa con fino accorgimento meditata e condotta.2

Il Garibaldi intanto, in ispreto degli ordini ricevuti dal generale in capo Roselli, erasi spinto imprudentemente più avanti di quel che doveva.3


  1. Vedi d'Ambrosio, Relazione della campagna militare ec., nel vol. XXI delle Miscellanee, n. 6, pag. 36 e 37. — Vedi due stampati interessanti, contro le troppe napolitane, in Sommario, n. 91 e 92.
  2. Vedi Roselli, op. cit., pag 61.
  3. Vedi detto.