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della rivoluzione di roma | 513 |
immaginato di distruggere con le nostre armi il vostro governo».
Questa nota sdolcinata e cortigianesca (come di chi volesse tornare in pace) fatta succedere alla priina nel giorno stesso, è così dalla prima difforme per le idee, pe’ concetti, e per le espressioni, che è ciò che noi chiamiamo correttivo o controveleno, e che ci sembra la più mite e benevola qualificazione che possa darsele.1
Quanto alla domanda che facemmo per conoscere a chi alludesse il sospetto di voler pugnalare il Lesseps, diremo che si fece innanzi il 28 maggio un certo H. Theoleyre già cognito nei fasti di quei tempi per esagerazioni repubblicane, e ce ne dette esso subito la spiegazione, mediante una lettera che pubblicò in Roma e nella quale con un viso di bronzo attribuisce al partito gesuitico la minaccia che turbava i sonni del Lesseps.2
Altre note si scambiarono nei giorni 25 e 26 fra il Lesseps da villa Santucci ed il triumvirato,3 e finalmente il 29 inviò il primo alle autorità governative ed all’assemblea nuove proposizioni per un accomodamento, concludendo che nel caso in cui gli articoli non fossero immediatamente accettati, egli avrebbe riguardato come terminata la sua missione, e l’armata francese avrebbe ripreso tutta la sua libertà l’azione.
Ecco gli articoli proposti dal Lesseps:
«Art. 1. I Romani reclamano la protezione della Repubblica francese.
» Art. 2. La Francia non contesta punto alle popolazioni romane il diritto di pronunciarsi liberamente intorno alla forma del loro governo.
» Art. 3. L’armata francese sarà accolta dai Romani come un’armata amica. Ella prenderà gli accantonamenti