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498 | storia |
Ferdinando de Lesseps erasi procacciato una certa fama di abile negoziatore per aver saputo ricomporre a quiete la città di Barcellona, durante i torbidi che l’afflissero nell’anno 1842, nella sua qualifica di console di Francia.
Narrammo il suo arrivo nel capitolo precedente. Ora diremo che la mattina del 15, prima di giungere in Roma, erasi recato ai campo francese di Castel di Guido ch’è una terra appartenente all’archiospedale di santo Spirito, sullo stradale di Civitavecchia, distante un tredici miglia circa da Roma. Colà lesse all’Oudinot il verbale della seduta del 7 dell’assemblea in Parigi, communicogli le istruzioni ricevute dai suo governo, e lo indusse ipso facto a desistere da qualunque apparecchio guerresco.
Prima però di narrare ciò che fece il Lesseps in Roma in esaurimento della sua missione, gioverà indagare dagli atti del governo francese qual fosse lo spirito che lo animava, quali le vere intenzioni che prevalevano in quel tempo.
Ci sembra incontestabile che non tanto il ristabilimento del papato e l’annientamento dei principio repubblicano in Roma agisser nell’animo de’ ministri francesi, o di chi dava a loro l’impulso, quanto il fermo proposito d’impedire che gli Austriaci, i quali come trionfatori del Piemonte avevano ripreso il loro impero in Italia, venisser riacquistando la perduta influenza nella penisola. Chi volesse malignare, dir potrebbe che la impresa santa e cavalleresca era aiutata da ciò che chiamasi gelosia di mestiere. Questa infine vi ebbe la sua parte. Interessava pure al governo di Francia, figlio di una repubblica professante i grandi principi dell’89, che le conquiste del viver civile e le franchigie ottenute dai popoli scampassero da un completo naufragio, frangendosi alli scogli di una restaurazione assolutista. Tutto ciò, oltre all’essere plausibile e ragionevole, risulta dalle istruzioni del ministro degli affari esteri date al Lesseps.1 Il Lesseps dunque avrebbe dovuto sal-