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bellare superbos. A parte l’astuzia che in questo caso potrebbe tradursi gallicamente col vocabolo arrière-pensée, l’atto summenzionato portava l’impronta di generosità, e d’amore nel tempo stesso. Era cosa che sentiva dell’antica Roma e portava per soprassello lo spirito del Vangelo di Cristo, ch’è tutto fondato sulla pace e su la carità fra gli uomini.

Vennero i Francesi dalla parte di piazza di Venezia accompagnati da immenso popolo, guardia nazionale, e truppe, intanto che i quattordici ufficiali di quel corpo di truppa, dopo fatta la visita al Mazzini, discesero accompagnati dagli ufficiali romani alla trattoria di Bertini, ove furono trattati di lauto banchetto. Difilaron quindi ufficiali, soldati, popolo e truppa, pel Corso, via dell’Orso, e castel sant’Angelo, per recarsi tutti a san Pietro.

Colà giunti, entrarono tutti in chiesa; e mentre i Francesi ammiravano l’augusta mole costruita da Michelangelo, il cittadino Filopanti, deputato per Bologna, prese a dire:

   «Français et Italiens, dans ce lieu saint et sublime, prions ensemble le Tout-Puissant pour la délivrance de tous les peuples des chaînes de la tyrannie, pour la fratenitè universelle.     «Francesi e Italiani, in questo luogo santo e sublime preghiamo insieme l’Onnipotente per la liberazione di tutti i popoli dalle catene della tirannia, per la fraternità universale1

Dopo pronunziate queste parole, tutti con subito e simultaneo moto si posero in ginocchio. Cosi racconta il Monitore.

Siamo ancor noi nemici giurati della tirannia, dall’alto o dal basso che venga, e saremmo pur lieti se tutti i popoli dell’universo potessero amarsi fra loro come fratelli. Pur tuttavia quella fraternità universale, augurata dal Filopanti, disvela chiaramente quale fosse l’ultimo fine

  1. Vedi Monitore, pag. 430 e 434. — Vedi Speranza dell’epoca, n. 92, pag. 2. — Vedi la Pallade, n. 535.