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tenuti i prigionieri, ed ivi reso ostensibile il permesso del Triumvirato, è stato il Paradisi, con l’interprete e me notaro, condotto in un salone nel quale sono trattenuti i prigionieri francesi, ai quali il Paradisi ha dirette le parole:

«Repubblicani Francesi, soldati di onore! Un repubblicano romano, un vostro fratello, uno che abborre la tirannia, desidera parlarvi.» Tutti i prigionieri in una massa di più centinaia hanno circondato il Paradisi con somma attenzione gridando — Viva la Repubblica, viva la Repubblica Romana, viva la Francia, e qualche voce, non il Governo attuale di Francia. — Dopo queste parole tacquero tutti, e Paradisi ha detto:

«Francesi, il vostro onore può esser compromesso da un Governo che si lega con l’Austria, colla Russia e coll’abominevole Gaeta. Quelle volpi, anzi quelle tigri, non possono togliere però alla Francia quel sublime posto che occupa fra le nazioni generose: l’articolo quinto della Costituzione è imbrattato, reclama il vostro sostegno. Perchè, o fratelli, è stato a voi detto, marciate sopra Roma? Perchè i Napolitani e gli Austriaci vogliono atterrare la libertà di un popolo, e perchè una mano di uomini esercita violenza, e porta l’anarchia in una città che siede tuttora regina del mondo. In quanto a respingere i Napolitani e gli Austriaci, santa era la vostra missione, e gloriosi potevate calcare il territorio della Repubblica Romana, ciascuna zolla del quale ricorda un eroe. Ma se in Roma, meglio, in Civitavecchia, ordine e vera unanimità di pensiero repubblicano voi avete osservato, se in noi avete veduto i non degeneri figli dei Grandi, come, e perchè, o fratelli, avete potuto contro noi scaricare i vostri moschetti, far tonare i vostri cannoni? Noi conosciamo come e quanto foste ingannati. Io più degli altri ora il conosco perchè ho parlato in questo momento col vostro capo di battaglione Picard, col vostro sottotenente Jermelet, li conoscete voi? (tutti, ) li sti-