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della rivoluzione di roma | 461 |
una minorità faziosa imponente la sua volontà con violenza alla maggiorità desiderosa di altro sistema; che quei pochi uomini avevano arrestato il commercio e spogliato i magazzini, essere la città intera la vittima degli orrori di una anarchia; per le discorse cose ben convenire alla Francia il ristabilimento dell’ordine in una città rispettabile, e ciò tanto più sollecitamente in quanto che il Governo era prevenuto essere i Napolitani e Tedeschi già in marcia, e già nel territorio romano per riportarvi lo statu quo, e per conseguenza sul riflesso che un intervento napolitano ed austriaco avrebbe privato i Romani di tutte le libertà alle quali hanno diritto i popoli civili, ed avrebbe ricondotto il pieno dispotismo dell’antico governo, erano i Francesi ben contenti di combattere contro una fazione, e contro i nemici della libertà. Per soprappiù si diceva nel campo che in Roma tutti avrebbero voluto il governo del Papa, se una forza si fosse contrapposta alla fazione di cui sopra.»
» E qui, avendo il Paradisi interrogato gli ufficiali quali siano stati i risultati delle loro osservazioni sia in Civitavecchia, sia nel campo, sia in Roma, hanno concordemente risposto — che giunti a Civitavecchia dovettero ammirare l’ordine di quella città in cui neppure il menomo atto di anarchia udirono o videro, nè ascoltarono da veruno sussurrare nè in Civitavecchia nè in Roma, traversandole, una parola di affetto, di plauso, di desiderio verso Pio IX; che anzi conoscendo un poco il Picard la lingua italiana con altri molti ufficiali dell’armata udirono universalmente: «Il governo dei preti non lo vogliamo più. Il Papa torni pur quando voglia per le cose di religione, a noi poco importa .» —
Udite tali dichiarazioni il Paradisi si è licenziato dai detti ufficiali dicendosi scambievolmente le parole — Noi siamo amici, noi siamo fratelli perchè siamo veri repubblicani , ed abbiamo combattuto solo perchè traditi. — Dopo ci siamo diretti alla Chiesa Nuova, luogo nel quale sono