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della rivoluzione di roma | 451 |
Betti corse rischio di essere fucilato da quegli eroi che lo conducevano, e dovette la sua salvezza al conte Alessandro Zeloni che in uniforme civico passando casualmente di là, s’interpose in suo favore. Il delitto del Mercorelli era gravissimo, terribile, atroce: teneva in casa due Gesuiti.1
Il 3 di maggio poi accadde che alcune guardie civiche mobilizzate lavorando alle barricate a porta Maggiore, invasero, non sappiamo per quali vani sospetti di esservi alcuni Gesuiti cospiratori, la vigna Arcangeli, ne incendiarono il casino, il tinello e la rimessa, e vi uccisero Giovanni Renzaglia della Pergola il quale coltivava quella vigna. Inoltre tolsero non pure, ma strapparono dalla vigna anzidetta due nipoti del Renzaglia, uno dei quali di ventuno, l’altro di diciannove anni, egualmente della Pergola, ed un povero garzone lavorante di vigna, sopracchiamato Cardinaletto.
Giunti gli arrestati alla porta san Giovanni, furon presi a urli e fischi accompagnati da maledizioni e grida di morte. Quindi furono trascinati per ben tre miglia per le vie di Roma, passando per il Corso, la via di Ripetta, il Clementino, l’Orso, e Torre di Nona, finchè uccisi e fatti in brani da un’orda feroce e sitibonda di sangue, vennero dal ponte sant’Angelo gittati nel Tevere. Riuscì alla vedova del Renzaglia con due bambolini di fuggir dalla vigna e sottrarsi alla furia di que’ cannibali, e visse per alcun tempo in Roma alloggiata al n. 41 in via dei Quattro Cantoni ai Monti.2
Proseguendo la narrazione delle meraviglie di quei tempi, rammenteremo che il 3 di maggio promulgavasi un ordine per la requisizione degli argenti.3