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tegorica. Ora che tali particolari ci sono stati minutamente trasmessi, adempiamo a questo dovere con quella scrupolosa esattezza che viene reclamata dalla severità della storia, e dalle giuste esigenze del pubblico.

» Sin dal giorno 29 il Comandante supremo delle armi della Repubblica, Generale Avezzana, Ministro della guerra, era pienamente istruito dello avvicinarsi del nemico per le moltiplici bande dei nostri esploratori, le di cui relazioni erano anche confermate da un prigioniere francese, che nello stesso giorno cadeva in un’imboscata dei nostri avamposti.

» Nella mattina del giorno 30 il telegrafo avvisando l’avanzarsi dell’oste nemica la segnalava alle ore 9 alla distanza di cinque miglia da Roma; ed il Ministro della guerra inviava sulla cupola di San Pietro un Capitano dello Stato Maggiore generale, perchè, rimanendovi sino a che s’impegnasse il fuoco, osservato avesse tutti i movimenti del nemico, ed indagatone il numero e le intenzioni.

Intanto tutte le misure erano prese in città per respingere l’aggressione con quella disperata energia, ispirata dalla santità del diritto, e dalla giustizia della causa. Valide e numerose barricate a tutte le porte, ed in tutte le vie, segnatamente sulla riva diritta del Tevere, impedivano ogni accesso in città: i bastioni soprastanti, coronati di cannoni, erano disposti a fulminare il nemico: e la giovine armata, fremente d’impazienza e di ardore bellicoso, accantonata nei vari punti in cui si prevedeva l’attacco, era disposta nell’ordine seguente. La prima Brigata comandata dal Generale Garibaldi, e composta della prima legione italiana, dal battaglione universitario, battaglione dei reduci, legione degli emigrati, e finanzieri mobilizzati, occupava fuori le mura tutta la linea da Porta Portese a Porta San Pancrazio: la seconda Brigata composta da due battaglioni della civica mobilizzata, e dal primo leggiero, comandata dal Colonnello Masi, occupava