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zini, e di aver ricevuto in risposta, che il caso previsto dal Mannucci non si sarebbe verificato, che pure tuttavia, dandosi il caso di una dimostrazione francese, era debito di protestare in armi contro qualunque intervento, ed il resistere, necessità . Il ministro di guerra avrebbe dato le sue istruzioni. Ma intanto nè istruzioni, nè disposizioni, nè armamento qualunque per parte del ministro della guerra avevano avuto luogo.

Dietro tutto ciò che abbiamo esposto ci sembra evidente che il governo romano poco credeva all’intervento, e che la spedizione francese venne a sorprenderlo impreparato e fidente nell’amicizia di Francia.

Riuniva intanto il Mannucci nelle sue sale il Consiglio di guerra e gli uffiziali della guardia nazionale e dei Corpi attivi per provvedere ad un piano di difesa. Immense furono le querimonie contro il governo per la trascurauza de’ necessari provvedimenti. Pur si fece quello che si poteva nelle circostanze che stringevanli.

Riunivasi il municipio, e decretava un amichevole dichiarazione al generale Oudinot.1

Le parole del capo squadrone Espivent ai Civitavecchiesi, quantunque poi non rispondessero ai fatti, piacquero a loro siffattamente, che ne furono ringalluzziti, e la magistratura, e la Camera di commercio, ed il colonnello della guardia nazionale diressero al governatore il seguente manifesto.

«La flotta della Repubblica francese è a vista del nostro porto. Sono note ormai le intenzioni che la guidano nella nostra città, le più amichevoli ed affettuose, dirette alla conservazione della Repubblica romana, dell’ordine, della tranquillità dello Stato romano; voi, Preside cittadino, ne avete le più consolanti assicurazioni.

» La Francia non può mancare alle sue promesse, nelle quali impegna il suo onore in faccia all’Europa.

» Voi chiedete tempo per avvisare il governo della Re-

  1. Vedi Mannucci, op. cit., pag. 153.