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Roma. Parlava quindi della Giunta di stato formatasi, e dell’assemblea che sotto il nome di Costituente adunossi. Lodava le magistrature dello stato che rettamente comportaronsi in quella occasione. Ricordava perfino coste gli uomini che componevano quell’assemblea non mirando già nè ad avere istituzioni più libere, nè riforme più conducenti al bene della pubblica amministrazione, nuli’altro volevano che invadere, scuotere, distruggere il temporale dominio della Sede apostolica, e questo lor divisamente aver ridotto ad atto col proclamare, la nòtte del 9 febbraio, la decadenza del papato e la introduzione della repubblica. Gravargli bensì che Roma apparisse autrice di tanti mali.

Veniva poi raccontando come per ricomporre a ordine 10 stato richiamasse da Bologna i reggimenti svizzeri anche prima del novembre 1848, ma essere stato contrariato in ciò dal ministero del maggio (Mamiani); e diceva delle reiterate pratiche nel gennaio del 1849 per l’oggetto stesso, riuscite, per le altrui macchinazioni, del tutto frustranee.

Enumerava in seguito i doveri che gl’incombevano di salvare la Chiesa, lo stato, le sostanze e le vite dei propri figli, e di porre un fine alle profanazioni e allo strazio che facevasi delle cose tutte che alla religione santissima, di cui era capo, riferivansi, la occupazione cioè dei beni ecclesiastici e delle proprietà della Chiesa, lo spoglio dei templi, la conversione in usi profani delle case religiose, malmenate la sacre vergini, perseguitati, imprigionati, uccisi ecclesiastici venerandi, strappati dal gregge e imprigionati perfino i vescovi: e rammemorando dissipato il tesoro pubblico, messe a’ proprietari di beni imposizioni gravissime, turbata la libertà dei cittadini, e mille altre nefandità, annunciava di essersi trovato costretto d’implorare dai principi e dalle nazioni aiuto e soccorso, e di essersi perciò diretto in ispecie all’Austria, alla Francia, alla Spagna, ed a Napoli. Nudrire quindi speranza che quelle potenze cattoliche si sarebbero affrettate di ac-