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di conto; anzi è da notare che i più dotti e valorosi democratici ripugnano alle sue dottrine. Che se qualche ingegnoso, ingannato dai rumori, l’ebbe in pregio prima di conoscerlo; accostatoglisi e divenutogli intrinseco, dovette ritrarsi, stomacato da tanta presunzione accoppiata a tanta nullezza.»

Odasi pure il giudizio del Farini, estratto dal terzo volume pagine 275 della sua storia, edizione di Firenze del 1853:

«Le solite frasi; la solita forinola: Roma del popolo che succede alla Roma dei pontefici ed alla Roma dei Cesari, per unire e liberare l’Italia e rinnovare l’umauità! Vaga e quasi mistica farmela come le son tutte quelle del Mazzini. Il quale non è vero che abbia nè religioso, nè economico, nè politico sistema ben definito: fermo, anzi ostinato, egli è solo in questo, che l’Italia debba formare un unico stato con Roma capitale per mezzo di una rivoluzione, di una guerra, di un governo popolare. In teologia è deista, è panteista, è razionalista a vece a vece, o un po’ di tutto: par cristiano, ma non sapresti se sia cattolico, o protestante o di qual setta: è parso un tempo che egli copiasse in tutto il Lamennais, cioè un altro uomo senza verun sistema: repubblicano il Mazzini nol fu sempre o nol parve: certo non l’era o nol pareva quando nel 1832 invocava re Carlo Alberto liberatore: se era repubblicano, vagheggiava una strana forma di repubblica, quando nei 1847 incoraggiava Pio IX ad aver fede, e lo credeva acconcio ad ogni nazionale, anzi umanitaria impresa. Un tempo scrisse contre le teorie che appellano socialiste; poi, mutati i tempi, ne confettò qualche nuovo scritto, e si collegò con socialisti d’ogni nazione. Mediocre uomo credo io il Mazzini in tutto, ma gli è un genio di pertinacia: orgoglio tragrande, in sembianza di umiltà e di modestia: costumato, liberale, buono, de’suoi amici tenerissimo, ha gran potere di lusinga: tempra d’animo ostinato in