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zinismo, ossia la dottrina teologico-politica di Giuseppe Mazzini, contava nell’associazione per minima frazioncella.»

Ed a pagina 33:

«Frattanto Mazzini annunziava all’Europa migliaia di apostoli armati, impazienti di battaglia; e molti fra i capi locali ragguagliato a questi vanti il poverume del personale a loro noto, si consolavano figurandosi essere il luogo che conoscevano una eccezione, e la faccenda pro cedere altrimenti in tutti gli altri luoghi. Ed è sempre così in tutte le imprese di cospirazione; sempre la stessa storia delle migliaia di combattenti immaginari, e dei conti fatti per ciascun paese su quello che sente dire dell’altro.»

Ed a pagina 190:

«Non è questo il luogo a discutere le dottrine politiche di Mazzini. Giudicandolo soltanto dal lato della strategia, diremo ch’egli, senza accorgersene, s’impappinò nel formalismo, e ciò lo inabilitava a giovare alla Italia, come, per le non comuni qualità sortite da natura, avrebbe potuto. Intestatosi a metter su congiorone di popoli, era impossibile che gliene andasse una bene. Macchiavelli sentenziò che le congiure non riescono quando più di tre o quattro sono a parte del segreto.»

Sentiamo ora il giudizio di Gioberti sul Mazzini, che estiragghiamo dal primo volume pagina 472 del Rinnovamento civile d’Italia:

«Giuseppe Mazzini è appunto l’uomo di cui costoro (i Puritani) abbisognano; essendo un politico d’immaginativa non di ragione; e avendo un’idea sola, cioè la repubblica. E siccome chi ha una idea sola, non può variare (quando ogni mutazione importa almeno due concetti), così non è da stupire che il Mazzini sia fisso nel suo pensiero e abbia quella costanza nelle chimere che i semplici ammirano, ma che i savi chiamano ostinazione. Laonde fra i suoi adoratori non si trova un sol uomo