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per cosa di sì grave momento la sua eloquenza nella riunione dell’assemblea del giorno seguente. Parlò difatti con tal calore della guerra imminente e de’ sacrifici che reclamava da chi sentivasi battere in petto un cuore italiano, che al termine del discorso una pioggia di oro scese dalle tribune. Eran le donne ivi assistenti che privavansi per la repubblica de’ loro orecchini, fermagli ed anelli. Il Monitore che ci racconta il fatto aggiungeva che questo primo tratto non lo sorprese nella patria delle Cornelie. 1

Il giorno 20 poi il ministro delle finanze Manzoni recossi al banco Torlonia ed acquistò delle cambiali pagabili in Londra per L. 2,500 sterline a favore della casa inglese Anthony e comp. per pagare una commissione di fucili alla medesima conferita per mezzo dello stesso Anthony che in quei giorni era venuto in Roma da Malta, e si abboccò per detto affare con me che scrivo. Le armi spedironsi effettivamente in seguito, e furon quelle che in sui primi di maggio giunte a Civitavecchia, vennero sequestrate dal generale Oudinot che comandava la spedizione francese negli stati romani.

Parve in quel tempo che l’assemblea ed il governo si scotessero dal letargo vergognoso in cui giacquero per quasi due mesi. Adottarono è vero taluni provvedimenti, ma quando avrebbe potuto giungerne in tempo l’attuazione, le sorti italiane eran già decise.

Il primo atto fu un bando dell’assemblea del giorno 21 il quale diceva:

«Il cannone italiano, annunzio di battaglie e di riscatto, tuona di nuovo nelle pianure lombarde. All’armi.

» Tempo è di fatti non di parole! Le schiere repubblicane insieme alle subalpine, e all’altre italiane combatteranno: non sia fra loro gara che di valore e di sagrifizî. Maledetto chi nel supremo arringo divide dai fratelli i fratelli.


  1. Vedi Monitore, pag. 209.