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o in lingua cinese, o in armena, o in bulgara, o in greca.

E chi salutava in arabo, e chi in etiopico, in ghezzo, e in abissino. Là ragionava in russo, qua in albanese, in persiano, in inglese, in cofto, in lituano, in peguano, in tedesco, in danese, in georgiano, in curdo, in norvegio, in isvedese.

Giunti in propaganda nel 1837 alcuni Albanesi di Scutari, di Antivari e di Sapia, trattavasi di confessarli, ma niuno conosceva la lor lingua. Il cardinale avuta fra mani qualche grammatica, disse: fra quindici dì sarò a confessarli.

Egli conosceva le pronunzie, e i volgari delle lingue slave che parlansi nelle diverse regioni de’ Russi, Polacchi, Boemi, Moravi, Schiavoni, Bosnii, Banati, Erzegovini. Che più? I dialetti di Francia dal bearnese dei Pirenei insino al piccardo di fronte alla Brettagna conosceva. Di più gli fiorivan sulle labbra il bordellese, il borgognone, il limosino, il normanno, il provenzale, il guascone, e perfino il celtico della bassa Brettagna, quello del paese di Galles e quello dei montanari di Scozia.

Conosceva perfettamente la letteratura della Grecia, del Lazio, d’Italia, non che la letteratura francese, alemanna, spagnola, portoghese, inglese, polacca, unghera e russa.

Che cosa erano a fronte del Mezzofanti Mitridate re del Ponto, ed il famoso Pico della Mirandola? Egli tutti lasciò dietro di se, antichi e moderni, ad una distanza incommensurabile.

Tutti i principi, i re, gl’imperatori, tutti gli stranieri di conto che in Bologna o in Roma giungevano, quando vi era il Cardinal Mezzofanti desideravano di conoscerlo ed ammirarlo.

Umile, modesto, disinvolto, caritatevole, riuniva in se i pregi del ramante del suo simile, e del vero filosofo cristiano.

Abbiamo accennato chi fu il cardinale Mezzofanti, e abbiam detto in qual modo fu trasportato il suo cadavere al tempio.