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della rivoluzione di roma | 277 |
fra essi alcuni Romani, furono figli degeneri di tanta madre) che a simili eccessi vituperevoli con lieta fronte associavansi. 1 Ecco come si conchiudeva il proclama che il ministro dell’interno Saffi dirigeva l’11 di marzo ai Romani relativamente a quel triste fatto:2
«Proseguite, o magnanimi, in questo altissimo ufficio di patria tutela; ammonite, ammaestrate gl’illusi. Il governo saprà far rispettare nelle vostre leggi la vostra sovrana dignità. Voi innalzatevi ognora più a quella santa missione, che è tutta vostra, di popolo educatore, di popolo iniziatore di un’Italia nuova, di un’Italia più morale, più civile e più grande delle passate.»
La direzione di sicurezza pubblica informò con apposita grida i Romani dell’accaduto, travisando però le cose a suo modo.3 Ed il ministro Saffi, penetrato della gravità del caso e desideroso di tranquillare le coscienze dei cittadini, in quel proclama dell’11 tra le altre cose diceva: «La legge vuole convertite in istrumenti di difesa contro i barbari le sole campane superflue; ed eccettua quelle delle parrocchie, delle basiliche patriarcali, delle chiese nazionali, e quelle che hanno pregio di antichità o di maestrevole lavoro.4»
Se azioni così scellerate e ladre riscotevan gli encomi e gl’incoraggiamenti della stampa officiale, quale moralità era mai da attendersi da un cosiffatto governo?
Nè a questo limitaronsi le irregolarità di quel tempo che volevasi magnificare. Sentano i nostri lettori che cosa scriveva il Positivo dell’8 marzo:
«Per la sicurezza interna lodiam tutti l’attuale governo, per ciò che tocca furti, rapine, e omicidi in città, non così in campagna. Si lagnano anzi le romagnole provincie di bande numerose che infestano a mano armata