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Il giorno 27 porgevasi pure avviso che la elezione del Consiglio municipale di Roma destinata pel giorno 11 era differita al 25 del prossimo marzo.1

Abolivasi per sempre lo stesso giorno con decreto il tribunale di sant’Offizio ed ordinavasi che una colonna fosse eretta in Roma sulla piazza che sta innanzi all’antica casa di quel tribunale, per eternare ai posteri la memoria di quest’atto solenne.2

Con detto decreto si commise un atto flagrante di violenza e d’ingiustizia nel tempo stesso. Di violenza, perchè anche secondo il decreto fondamentale, la repubblica romana impegnavasi di lasciar libero al pontefice l’esercizio del suo potere spirituale. Con qual diritto pertanto si sopprimeva un tribunale meramente ecclesiastico e da una congregazione ecclesiastica dipendente? D’ingiustizia poi perchè o la congregazione o il tribunale del sant’Offizio mai non esercitarono atto alcuno vessatorio a carico dei cittadini romani per le loro libere opinioni in fatto di religione. E se in qualche raro caso agiva il tribunale, l’era soltanto a carico degli ecclesiastici, ove fra loro ve ne fosse stato alcuno o che professasse dottrine tendenti all’alterazione del dogma o alla eresia, ovvero che abusasse nell’esercizio del proprio officio.

Appartiene poi allo stesso giorno 27 febbraio una nota che il cardinale Antonelli diresse al corpo diplomatico residente in Gaeta. Scopo della medesima era di diffidare chiunque si fosse dal contrarre prestiti col governo repubblicano di Roma, nella supposizione che il medesimo offerisse per garanzia gli oggetti di arte che firmano una delle grandezze di Roma. Detta nota può leggersi nel Costituzionale del 7 marzo, il quale la estrasse dal Tempo di Napoli. Noi non ostante crediamo di riportarla in Sommario.3


  1. Vedi Monitore del 1 marzo, png. 125.
  2. Vedi detto del 1 marzo. — Vedi la Pallade del 27 febbraio, n. 481.
  3. Vedi Sommario, n. 71.