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In quel tramestio di abolizioni, di rifusioni, e di rinnovamenti, egli è impossibile che non commettansi grandi sconci, che non prendansi abbagli, e che per voler troppo correggere non accada d’introdurre confusione nell’ordinamento della macchina sociale. Cose precipitate e ben fatte raramente occorrono.

Questo sistema di tutto volere in pochi giorni modificare o distruggere è quello che si esprime con una parola di conio recente, e che dicesi decretomania. E questa la troviamo in tutti i governi dalle rivoluzioni generati. Forse il pensiero occulto quello si è di seminare le difficoltà nel terreno che imprendesi a dissodare, e riempierlo siffattamente di triboli e spine, che malagevole poi riuscir debba al governo restaurato di ridurlo a regolare cultura. E intanto col fare e rifare, impiegare e cacciar dall’impiego, alleviare i balzelli e poi ristabilirli e aumentarli, affrancare e sciogliere e poi impastoiare di nuovo, i governi restaurati cuopronsi di odiosità, e quelli caduti risvegliano le simpatie. Quindi anche cadendo, vi trovano il lor tornaconto negl’imbarazzi creati a’ loro successori.

Sia pur breve uno sconvolgimento, esso porta sempre spese maggiori, e quindi maggiore il dissesto nelle finanze. Quanto poi ai compromessi, trovatisi i governi restaurati nelle più difficili strette: imperocché se impuniti si lasciano i sommovitori, demoralizzasi sempre più il popolo, i fedeli ne sono scandalizzati e rattiepiditi, e gl’infedeli per converso rimbaldanziti; se in vece si grava la mano con punizioni, carcerazioni ed esigli, il numero dei malcontenti accrescesi a mille doppi, e così si viene spianando la via a nuove riscosse, a nuovi e più tremendi conturbamenti.

In coerenza per tanto di queste premesse incominceremo lo sciorinamento delle nuove disposizioni governative rammentando che il 20 febbraio venner sciolte le congregazioni governative presso i presidi delle provincie.1

  1. Vedi Monitore del 20 febbraio 1819, pag. 85.