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per anco qui giunto ad ufficiale notizia, tuttavia il sottoscritto dietro le rilevanti considerazioni poc’anzi fatte, si trova nel dovere di protestare nel modo più solenne presso tutti i governi stranieri contro una siffatta intervenzione.»1

Le insistenze piemontesi e gli uffici di Francia in Gaeta fecero sì, che superati i primi rifiuti, il conte Martini venisse ricevuto e riconosciuto, come accennammo, nella sua qualifica di ambasciatore di re Carlo Alberto al pontefice, il 23 di gennaio. Ma le sue pratiche, i suoi offici, i suoi discorsi non fecer frutto veruno, ed il governo pontificio proseguì in quelle intavolate colle varie potenze che costituirono la lega cattolica, ad esclusione del Piemonte, cosicchè le piemontesi proposte rimaser lettera morta.

Aggiunto però il tentativo abortito del Gioberti alle altre considerazioni esposte in principio del precedente capitolo, ne emergerà se non una prova, un sospetto di più sulle cupidigie piemontesi e sul primato cui aspirava in Italia, e chiunque ci leggerà ed a qualunque colore possa appartenere, dovrà concorrere per lo meno nel nostro avviso di essere meritevoli della più seria attenzione.





  1. Vedi Farini, pag. 187.