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222 | storia |
nemici nostri, e che disonorerebbero un popolo che li lasciasse impuniti.
» La repubblica non è l’anarchia; la libertà non è la licenza. Che tutti i cittadini si rassicurino; il governo della repubblica saprà far rispettare i principi d’ordine e di temperanza civile, che hanno la gloria suprema di questa nostra santa rivoluzione.
- » Roma, 14 febbraio 1849.
» Il prefetto di polizia |
Pur non di meno odiavansi i preti dai fanatici settatori di libertà. La persecuzione del potere ieratico fu mai sempre l’ultimo stadio della rivoluzione, e la Francia nel secolo passato, la Spagna in tempi a noi più vicini ce ne dieder tristamente l’esempio. Cosicchè non ostante le minaccie del Mariani i preti continuarono ad essere malevisi, insultati e perseguitati, e quindi il timore in essi fu tale, che quasi tutti, onde non eccitare le animosità repubblicane, e per amore della propria salvezza, vennero indossando a poco a poco l’abito secolare.
E questo era il regno della libertà, e con simili elementi pretendevasi di conseguirla! Non s’illudano però gl’italiani. È il demone della disunione che ispira loro siffatti principi. E se non sapranno affrancarsene, e non faranno lor possa in respingerli come peste e veleno, non solo non conseguiranno nè indipendenza nè libertà, ma vedranno sostituirsi ai pretesi tiranni indigeni o esotici, che vollero discacciare, altri tiranni più terribili ed esecrandi, i quali lasceran loro soltanto gli occhi per piangere.
Proseguivano intanto gli onori al papa in Gaeta, le contumelie e gli oltraggi in Roma. Il Santo Padre, quantunque per la gravità dei casi occupar si dovesse indefessamente nel curare il ricupero dello stato pontificio,
- ↑ Vedi Monitore del 15, pag. 05.