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nemici nostri, e che disonorerebbero un popolo che li lasciasse impuniti.

» La repubblica non è l’anarchia; la libertà non è la licenza. Che tutti i cittadini si rassicurino; il governo della repubblica saprà far rispettare i principi d’ordine e di temperanza civile, che hanno la gloria suprema di questa nostra santa rivoluzione.

» Roma, 14 febbraio 1849.

» Il prefetto di polizia
» Livio Mariani1



Pur non di meno odiavansi i preti dai fanatici settatori di libertà. La persecuzione del potere ieratico fu mai sempre l’ultimo stadio della rivoluzione, e la Francia nel secolo passato, la Spagna in tempi a noi più vicini ce ne dieder tristamente l’esempio. Cosicchè non ostante le minaccie del Mariani i preti continuarono ad essere malevisi, insultati e perseguitati, e quindi il timore in essi fu tale, che quasi tutti, onde non eccitare le animosità repubblicane, e per amore della propria salvezza, vennero indossando a poco a poco l’abito secolare.

E questo era il regno della libertà, e con simili elementi pretendevasi di conseguirla! Non s’illudano però gl’italiani. È il demone della disunione che ispira loro siffatti principi. E se non sapranno affrancarsene, e non faranno lor possa in respingerli come peste e veleno, non solo non conseguiranno nè indipendenza nè libertà, ma vedranno sostituirsi ai pretesi tiranni indigeni o esotici, che vollero discacciare, altri tiranni più terribili ed esecrandi, i quali lasceran loro soltanto gli occhi per piangere.

Proseguivano intanto gli onori al papa in Gaeta, le contumelie e gli oltraggi in Roma. Il Santo Padre, quantunque per la gravità dei casi occupar si dovesse indefessamente nel curare il ricupero dello stato pontificio,

  1. Vedi Monitore del 15, pag. 05.