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Al medesimo componimento si contrapponeva un suo sonetto recitato in tempo di Pio VII, che diceva così:

«Io mi scontrai col Tempo, e a lui ragione
» Chiesi di tanti antichi regni e tanti.
» Che fu d’Argo, di Tebe e di Sidone,
» E d’altri che fur appo e furo innanti?

» Ei, rispondendo, in vece di sermone
» Un cenere agitò di regi ammanti;
» E mille schegge d’armi e di corone,
» Mille avanzi lanciò di scettri infranti.

» Di quei d’oggi ragion gli chiesi allora.
» Ei, scuotendo l’acciar che tutto rose,
» Quel che altri fu, gridò, fian essi or ora.

» E chiedendo se il fin delle altre cose
» Avria di Piero il soglio, ei tacque, e allora
» Del Tempo in vece Eternità rispose1

Più tardi in occasione della elezione di papa Leone XII ne recitò un altro che fu il seguente:

««Furono i dì dell’ira, i dì del pianto;
» Fu lungo, ahi troppo! d’empietade il regno:
» Troppo il lutto e i sospir del popol santo,
» Chè nequizia varcava ovunque il segno.

» Tempo è pur che le chiavi e il gran triregno
» Bersagliato ritorni al prisco vanto,
» E che riposi dall’assalto indegno
» L’ovil di Cristo ai suo Pastore accanto.

» Serbossi a te, Leon, l’alta ventura.
» Di sei lustri l’orror posto in obblio
» Aurea sorge per te l’età futura.

» Quando Davidde di pugnar finio,
» La man del saggio re di sangue pura
» Diò la pace a Sionne e il tempio a Dio.»2


    dagli scolari del collegio romano il dì 7 fiorile anno VI repubblicano. Roma, presso il cittadino Vincenzo Poggioli, in-8 nel vol. L. Miscellanee. n. 1.

  1. Vedi la pag. 2 del n. 7 della detta raccolta.
  2. Vedi detta raccolta, n. 8, pag. 2.