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strò di vedere di buon occhio che il governo piemontese s’interponesse amichevolmente presso i rettori ed il popolo di Roma per venire ad una conciliazione. Io mi credo in debito di ragguagliarla di questa entratura, affinchè ella ne faccia queiFuso che le parrà più opportuno.

» Se ella mi permette di aprirle il mio pensiero in questo proposito, crederei che il governo romano dovesse prima di tutto usare influenza, acciocchè la Costituente che sta per aprirsi riconosca per primo suo atto i diritti costituzionali del Santo Padre.

» Fatto questo preambolo, la Costituente dovrebbe dichiarare che per determinare i diritti costituzionali del pontefice uopo è che questi abbia i suoi delegati e rappresentanti nell’assemblea medesima, ovvero in una commissione nominata e autorizzata da essa Costituente. Senza questa condizione il papa non accetterà mai le conclusioni della Costituente, ancorchè fossero moderatissime, non potendo ricevere la legge dai propri sudditi senza lesione manifesta non solo dei diritti antichi, ma della medesima costituzione.

» Se si ottengono questi due punti, l’accordo non sarà impossibile. Il nostro governo farà ogni suo potere presso il pontefice affinchè egli accetti di farsi rappresentare, come principe costituzionale, dinanzi alla commissione o per via diretta, od almeno indirettamente; ed io adoprerò al medesimo effetto eziandio la diplomazia estera, per quanto posso disporre.

» Questo spediente sarà ben veduto dalla Francia e dall’Inghilterra, perchè conciliativo, perchè necessario ad evitare il pericolo d’una guerra generale.

» Nello stabilire l’accordo tra il popolo romano ed il pontefice bisognerebbe aver riguardo agli scrupoli religiosi di questo. Pio IX non farà mai alcuna concessione contro ciò che crede debito di coscienza. Sarebbe dunque mestieri procedere con molta delicatezza, non urtare l’animo timorato del pontefice, lasciar da