Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/18

14 storia

Se il papa dopo esser disceso dalla scaletta segreta e comparso nei cortile del Quirinale, mentre cauto e guardingo ascendeva nella vettura che attendevalo, fosse stato veduto da due individui, uno dei quali informato di tutto, ed a questo si fosse richiesto dall’altro: «Chi è il prete tapino che misteriosamente nella vettura ascende?», egli avrebbe potuto rispondere quanto appresso:

» Quello è Pio IX che fugge da Roma; quel Pio IX che per aver fatto buon viso, per ispirito di carità e per la tranquillità de suoi stati, al partito rivoluzionario, lo perdonò, lo abbracciò e si compiacque forse troppo di riceverne i ringraziamenti. Egli è Pio IX che allargò la vita civile a’ suoi popoli, accordò e consulta, e municipio, e consiglio de’ ministri, e statuto, e quasi libera stampa. Egli è quel papa che beò di sè il mondo, riscaldò tutte le teste, impensierì tutti i governi di Europa. Mai entusiasmo simile a quello che in suo favore suscitossi non ci si presenta ricordato dalla storia.

» Ma tutto ciò non era in fondo che una finzione. Vollesi inebriare cogli applausi che presi per buona moneta, trascinarlo dovessero a dichiarare guerra all’Austria e porsi a capo di una Italia sferrata dai ceppi germanici. A tutto piegossi, meno che a dichiarar la guerra, non consentendolo il suo mandato pacifico e la sua qualifica di padre comune dei popoli cattolici. Il partito rivoluzionario da amico gli divenne nemico, e tanto disse, tanto fece, che gli applausi cessarono, le contumelie e le bestemmie vi furono sostituite, la stampa da laudatrice in accusatrice convertissi, la calunnia e il sospetto alzaron la fronte; e a poco a poco cogli scritti, colla voce, cogli inganni, e coll’oro pervertì le menti a tal punto, e spinse in tal guisa le cose gradatamente, che tu lo vedi ramingo e fuggiasco costretto ad allontanarsi da Roma, ed abbandonare la sua sede nelle mani dei suoi nemici.» — Riprendiamo il filo del nostro racconto.