Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/168

164 storia

Lo stesso Gioberti nelle sue Operette politiche dice quanto appresso:

«La storia in universale c’insegna quei soli intenti e conati riuscire felicemente che hanno del reale e dell’ideale insieme; stante che nel concorso di queste due parti risiede il vital principio e l’intimo magistero di ogni forza creata. L’idea sola non può trionfare, perchè non appaga gli spiriti positivi, e coloro in cui il senno pratico e il discorso prevalgono.» E più sotto: «Eccovi che la dottrina di chi vorrebbe ridurre la nostra Penisola a unità rigorosa di stato, quanto è poetica e garba agli ingegni più fervidi, che esperti, tanto è stimata impraticabile e derisa dagli uomini sperimentati, che non si pascono di utopie e di chimere. Per contro, la politica municipale che accarezza la divisione assoluta, e rifugge per falso amor del comune da ogni vincolo formativo della nazione, può appagare il gretto egoismo di molti, ma ripugna a chi è dotato di alti spiriti e sente vivamente la gloria di essere Italiano. Il concetto della confederazione tramezzando fra tali due estremi, serba il buono e il ragionevole di entrambi, senza il reo e il chimerico che l’accompagna: pigliando dagli unitari la unione, ma accomodandola ai dati effettivi per renderla possibile, e dai municipali la divisione, ma mitigandola cogli ordini federativi, viene ad accordare l’idea colla realtà, la teorica colla pratica, il desiderio di ciò che dovrebbe essere colla necessità di quello che è effettualmente; e con questo dialettico componimento satisfa all’universale degli uomini, e viene accolto propiziamente da quella opinione pubblica che oggi è padrona del mondo, e sovrana moderatrice degli eventi.»1

Luigi-Carlo Farini. — S’oda ora il Farini che nella sua storia dice così: «Eppure ecco il Mazzini a cui non basta l’Unità d’Italia; idea contrastata, fine a parer mio

  1. Vedi Gioberti, Operette politiche. Capolago. Torino, 1851, vol. II, pag. 231, 255 e seg.