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ziosi s’eran perduti. E n’erano usciti grandi insegnamenti, non nuovi per vero dire, ma sempre utili a ritrovare: che non si debbono frammischiar le imprese di libertà e d’indipendenza; che questa deve passare prima di quella, e sopratutto che il Regno d’Italia è cosa impossibile in tanta varietà di opinioni, di disegni, di provincie.

» Del resto, fatti antichi e ragioni perpetue concordano a ciò provare. Niuna nazione fu riunita in un corpo men sovente che l’italiana. L’Italia anteriore a’ Romani fu divisa tra Tirreni, Liguri, Ombroni, Fenici, Pelasgi, Greci, Galli e forse altre genti, concorse nella nostra penisola, occidentale rispetto al mondo d’allora, a quel modo che si concorse poi nell’America moderna, o si concorre ora nell’Oceania. — I Romani riunirono sì la penisola a poco a poco, ma posero a ciò non meno tempo che a conquistare l’intiero mondo lor noto; la conquista de’ Salassi fu l’ultima fatta da Augusto prima di chiudere il tempio di Giano, prima di fermare i limiti, e lasciar come arcano d’imperio il non oltrapassarli. Ei non fu, dunque, se non insieme con tutto un mondo, che l’Italia rimase riunita sotto l’imperio. E così poi di nuovo, insieme con molte altre provincie, sotto Teodorico, per una trentina d’anni. E quindi, se si voglia parlare d’un Regno d’Italia propriamente detto, dell’Italia riunita in sè senz’altre appendici, non se ne troverà in tutta la storia se non un esempio, intermediario tra la distruzione dell’imperio e Teodorico, un periodo di tredici o quattordici anni sotto Odoacre

Parla quindi il Balbo delle altre infinite divisioni o suddivisioni e lotte che subì l’Italia, e quindi dice:

  • Io non so, per vero dire, qual possa dirsi sogno politico, se non dicasi questo: d’un ordinamento, che non ha nella storia patria se non un esempio di quattordici anni, e che non sarebbe se non restaurazione di un Regno barbaro di millequattrocento anni fa.