Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
156 | storia |
senta una grande lunghezza con poca larghezza relativa.» In una nota poi soggiunge: «Ciò fu lungamente discorso da Napoleone a sant’Elena col conte de Las Casas, siccome dalle Memorie da questo pubblicate apparisce.» 1
Ed il conte Cesare Balbo, uno dei campioni della rigenerazione italiana, scriveva così nelle sue Speranze d’Italia:
Conte Cesare Balbo. — «Io crederei che il primo e più frequente sogno fatto intorno a quell’epoca sia stato quello d’una monarchia comprendente tutta la penisola, d’un Regno d’Italia. Nome e idea erano conseguenti a tutto ciò in mezzo a cui eravamo stati allevati. Il più potente uomo di nostra età (e di molte altre) aveva anch’egli fatto un gran sogno della monarchia universale, un sogno minore del Regno d’Italia. Che anzi questo esisteva già di nome, in cominciamento: eravi un Regno d’Italia, corrente dall’Alpi agli Abruzzi, e comprendente così quasi tutta la penisola orientale. — A che tal forma, informe, longitudinale, lunga e stretta? Io non credo che il possa dire nessuno, nemmeno dopo aver letto ciò che ne dice Napoleone ne’ suoi dettati di sant’Elena. Tutto ciò è una solenne impostura. Che l’Italia s’avesse a tagliare in lungo e non in largo, e dividerla per educarla ad unità od a non so che, sono sofismi tali, che non potevano venire in capo se non a chi, avvezzo a tiranneggiare coll’opera, sperava tiranneggiare collo scritto; non pensando che, se là giova la forza, qua non serve se non la ragione. Io crederei che se Napoleone sognava una riunione d’Italia, ei sognasse quella all’imperio francese.» E più sotto: «Ma ad ogni modo n’eran rimasti il bel nome, la bella idea di un Regno d’Italia. Il napoleonico era stato parziale; e, manco male, il nuovo sognossi intiero: il napoleonico era stato dipendente; e, manco male, il nuovo sognossi indipen-
- ↑ Vedi Ferdinando Dal Pozzo, Della felicità che gl’Italiani possono e debbono dal governo austriaco procacciarsi ec., Parigi 1833, pagina 14.