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della rivoluzione di roma | 155 |
del principio della nazionalità italiana, ci permettiamo di censurare i mezzi adottati per la sua attuazione, le cui difficoltà non lasciano di’essere sempre imponentissime.
Sappiamo esservi molti fra gli amatori più sviscerati d’Italia, che vagheggiandone la unificazione, vorrebbero che essa tutta, dalle Alpi al mare siculo, stesse sotto un medesimo regime sia pure monarchico assoluto, sia monarchico costituzionale, sia anche repubblicano, e cercan diffondere le loro idee sostenendole con ispeciali ragionamenti, e insinuandole nelle menti de’ cittadini pacifici, temperati ed onesti, presso i quali trovano favore.
Eglino van predicando e sostenendo, essere di facile riuscita la fratellevole unione di tanti popoli d’indole e di costumi diversi, ed essere per rampollare da questa vagheggiata unione tutti i beni possibili, la maggior forza d’Italia, la sua maggiore prosperità.
Noi associandoci di buon grado al desiderio di costoro e vagheggiando la cosa in astratto, lasceremo che alla facilità del conseguirla rispondano tanti uomini insigni, che di questo argomento occuparonsi ed alla unificazione d’Italia portarono la loro attenzione, trascrivendo i testi dei loro scritti. Avvene tra questi taluni che han dato e van dando tuttora prove non dubbie del loro fervente zelo pel bene d’Italia. Così potrà ognuno formarsi un giusto criterio della questione che si agita, e riconoscere se meglio si appongano coloro che la vedon facile, ovvero quelli che ad ogni piè sospinto vi rinvengono difficoltà insormontabili.
Primo di tutti nell’anno 1833, il conte Ferdinando Dal Pozzo, giurisperito valentissimo ed uno dei capi della rivoluzione piemontese del 1821, mentr’era esule dalla patria, pubblicava in Parigi un’opera su questo argomento ove rinveniamo le parole seguenti: .
Conte Ferdinando Dal Pozzo . — «Dopo la dissoluzione dell’impero romano l’Italia non fu mai una. Se nol fu, la ragione in gran parte si è che nol potè convenientemente essere, attesa la sua configurazione, la quale pre-