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della rivoluzione di roma | 121 |
Monsignor Bedini adunque giungeva in Bologna, come dicemmo, il 24 gennaio.
I due reggimenti svizzeri stanziati l’uno a Bologna, l’altro a Forlì, l’intera batteria estera, il corpo dei dragoni pontifici, e qualche altra truppa disseminata nelle legazioni, somministravano una forza imponente. Inoltre avevasi ragione di contare sui suoi principi d’attaccamento verso il governo pontificio. Queste considerazioni pertanto indussero il governo stesso a fare assegnamento sul suo valido appoggio.
Tardi però giunse monsignor Bedini in Bologna, perchè il governo romano vi aveva richiamato da Venezia le civiche mobili e i corpi franchi. Il partito moderato piemontese poi vi si adoperava per farvi una diversione all’Austria, nella imminente rottura dell’armistizio. I circoli bolognesi rispondendo ad un comune e solidale impulso secondavano queste tendenze.
Verso il fine di gennaio il conte Alessandro Spada si dimise dalla carica di legato di Bologna ed i repubblicani gli sostituivano Carlo Berti Pichat, e ponevano il conte Biancoli alla testa della polizia. Affidavasi la civica a Carlo Bignami, e ponevasi un Lombardo già ufficiale di ordinanza del general Durando, per nome Marliani, al fianco del generale Latour.
Il Bedini si pose in communicazione col generale nell’intendimento che ove non fosse riuscito di ricostituire in Bologna l’autorità pontificia, avesse ricondotto le sue truppe in salvo, potendo, a Gaeta.
La restaurazione dell’autorità fu riconosciuta impossibile, stantechè gli uomini influenti eransi pel timore nascosti, e rifuggivano dal partecipare ad un cosiffatto ripristinamento. La partenza per Gaeta pertanto fu riconosciuta siccome l’unico mezzo da adottarsi.
Mostravasi in sui primi favorevole il generale Latour al proposto temperamento. Poi obiettava che senza molto danaro non avrebbe permesso alle sue truppe di partire, non volendo imitare l’esempio del Garibaldi.