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L’effetto prodotto in Roma da un sì terribile e inaspettato avvenimento fu immenso. Il partito moderato o monarchico costituzionale ne fu costernato. La parte giovane soltanto, sia per inesperienza o per poche letture storiche, non ne fu dispiacente. Quella però degli uomini di profligata fama o di perduta morale se ne compiacque.

Non fu che la domenica 5 di marzo, che per essere giunti i dispacci officiali all’ambasciatore Rossi col vapore approdato a Civitavecchia, se ne venne in cognizione positivamente.

Gli avvenimenti però eran tali che sorpassavano le previsioni degli uni, le speranze degli altri. Nel gennaio del 1848 si era in sulla via delle riforme soltanto, quando il decreto del re di Napoli venne a sorprender tutti, ed a schiudere di un subito l’adito alle costituzioni. E costituzioni si venner difatti qua e là improvvisando: e mentre anche in Roma studiavasi qual forma di statuto potesse convenirle (avuto in vista la duplice sua condizione di governo eccezionale, perchè dipendente da un capo che solo nel mondo riunisce in se il potere spirituale e temporale), ecco piombarle addosso l’annunzio di una repubblica in Francia, in quello stato cioè che se quieto o turbato, tiene quieta o turbata l’Europa.

In quello stesso giorno che un tanto avvenimento si conobbe in Roma, i Francesi che vi dimoravano, e che solevan riunirsi nel loro casino al palazzo Mignanelli, emisero un ringraziamento per le prove di simpatia ricevute dalla gioventù italiana pei nuovi avvenimenti, dichiarandosi rispettosi verso l’ordine pubblico, ed il governo ospitale di Roma. L’indirizzo che pubblicarono chiudevasi colle parole seguenti: «Possa una santa fratellanza stabilirsi fra le due grandi nazioni! Possano ambedue camminare concordi e salde verso lo scopo comune, cioè verso il progresso, la riforma, la libertà fondata sul pubblico ordine, e sul rispetto ai diritti di tutti.1»


  1. Vedi la Pallade dell’8 marzo 1848. — Vedi il Contemporaneo, n. 29. — Vedi L’Italico del 6 marzo.