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cose d’Italia. Spiava essa pertanto tutte le occasioni per ispingere il governo a spiegarsi sul movimento italiano e sopra Pio IX, che bugiardamente rappresentavasi siccome il capo del medesimo. Ma non si avevano che ambigue risposte e ministeriali reticenze, le quali venivan severamente biasimate ed appuntate dalla opposizione francese onde mantenersi in istato di popolarità.

Disgraziatamente per Luigi Filippo, pretermise egli di parlare delle cose d’Italia nel discorso di apertura delle assemblee legislative, tenuto il 28 dicembre 1847 per la sessione dell’anno 1848.

Bastò questo perchè la opposizione capitanata dal conte d’Alton-Shée e dagli scrittori e filosofi Cousin, Vittorio Ugo, conte di Montalembert e da altri,1 portasse la sua attenzione su questo punto del discorso reale, e ne formasse soggetto di discussione. Anzi derogando alle regole parlamentari, inscrisse nel discorso di risposta a quello della corona una menzione speciale in senso di simpatia per le cose d’Italia, in guisa tale da equivalere ad un man rovescio che davasi al potere.

Intanto i banchetti riformisti che fin dal 1° agosto 1847 si erano incominciati a dare in tutte le città della Francia nei quali pronunziavansi i più virulenti discorsi, attirarono l’attenzione universale fino dal loro incominciamento, e divennero gradatamente causa di sinistre apprensioni pel governo. Già se ne faceva menzione nel discorso della corona, e nella risposta delle Camere. Già alcune misure di sorveglianza e di repressione adottavansi affinchè non trasmodassero in pericolose provocazioni. Aggiungasi che si veniva pubblicando in quel tempo la storia dei Girondini di Lamartine. Ogni pubblicazione di questa celebre opera, cagionava un avvilimento maggiore nel già avvilito re cittadino.

Intanto l’impulso era dato; i discorsi pronunziati nei

  1. Vedi il Galignani del 29 marzo 1848.