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della rivoluzione di roma | 75 |
dire al certo che perdesse il suo tempo. I dibattimenti sui matrimoni spagnuoli ne attrassero pure una parte.
Pur nonostante veniva accusata di nulla aver fatto, e gli attacchi più violenti furon contro di essa diretti. Eravi fra i capi di accusa quello di non essersi voluta separare da un gabinetto potente per la eminenza dei personaggi che vi figuravano, e per le rimembranze dei loro servigi. Forse peccò di soverchia prudenza, poiché mentre deplorava gli abusi, amava meglio correggere che distruggere, in un paese sopratutto sconvolto già da tante rivoluzioni, per assicurare la stabilità del potere.
Si volle isolarla dal paese e rendere il paese disgustato dell’assemblea. Se le ricusò il diritto di parlare in nome della Francia, si chiamaron menzogne le elezioni, falsati i voti, e s’incominciò a parlare di riforma elettorale. S’invocò una estensione al diritto degli elettori, e per mostrare che tale fosse il voto della Francia, si ricorse e si organò l’agitazione dei banchetti, dei quali daremo più sotto un cenno.
L’opposizione non voleva già una rivoluzione, sibbene una vittoria parlamentaria soltanto, conquistata a forza di dimostrazioni legali, di quella che chiamavasi l’opinione pubblica. Fu dunque piuttosto a titolo di riparazione morale, e come un progresso politico e razionale, che la riforma elettorale veniva invocata.
Si cercò intanto di screditare tutti i poteri pubblici. Da tutte le parti piovevano accuse, rivelazioni, scoperte, lagnanze e torti da riparare. La calunnia ancora alzando baldanzosa la fronte si aggiunse a qualche trista scoperta.
Lo spirito di agiotaggio venne imputato ai grandi personaggi ch’erano al potere, e le parole di corruzione e di prevaricazione venivan lanciate contro gli uomini più importanti in quel tempo. Non basta. Il potere, il potere stessa farsi voleva solidalmente responsabile di tutto ciò che d’irregolare accadeva o dicevasi che accadesse in Francia.