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moccoletti, in segno di mestizia per le trista sorti dei poveri fratelli Lombardi

Facevasi intanto divulgare un foglietto stampato in carta violacea, che diceva quanto segue:

«Romani!

» I gravi avvenimenti d’Italia, e più particolarmente quelli di Lombardia, muovono a sensi di sdegno e di compassione tutti i generosi petti italiani. Agl’immensi sagrifìci de’ nostri fratelli, aggiungiamone pur noi uno piccolissimo, cessiamo dal fare i moccoletti. Così l’esultanza di pochi non sarà ingiuria al male di molti, e il nostro pensiero tornerà grato ai fratelli Lombardi, aggiungendo loro forza a sostenere ancora per qualche giorno quegli orribili mali che per la sapienza di Pio, per la spada di Carlo Alberto, per l’unanime volere del popolo tutto italiano dovran presto finire. Viva Pio IX! viva l’indipendenza italiana!1»

Piacque il pensiero agli amici dei Lombardi, e tutti si davano opera per divulgarla Non più moccoletti, dicevasi ad alta voce, per questa sera. Dobbiam fare questo fioretto pei nostri poveri fratelli Lombardi. Fra i Romani alcuni acconsentivano, altri non volevano rassegnarsi alla volontà di pochi. I padri di famiglia più cauti raccomandavano prudenza dicendo: faremo quello che faranno gli altri. Ma è chiaro che tutti, attendendo l’esempio altrui per non essere i primi, sarebbesi finito, come si finì, col non far nulla.

Furon prese le opportune disposizioni dall’autorità affine di prevenire qualsivoglia conflitto fra quei del sì e quei del no. Si fece quindi guarnire il Corso da un quattro o cinque mila civici, onde proteggere la festa e mantenere l’ordine. Lo sparo dei mortari dar doveva il segnale pel momento della cessazione.

  1. Vedi il IV vol. Documenti num. 50.