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Mentre però ci associamo ancor noi in riconoscere l’immenso bene che pei sudditi cattolici doveva provenire da siffatte benevole disposizioni del Gran Signore verso il sommo pontefice, non possiamo, a schiarimento di questa apparente contradizione, non osservare che tutto ciò era in buona parte una emanazione di quello spirito filosofico che, informando il cuore e la mente del primo ministro riformatore della Porta Ottomana, Reschid Pascià, lo portava a guardare con indifferentismo filosofico le discrepanze dei culti, e così, quantunque in contradizione coi precetti del suo supremo legislatore Maometto, tolleravali ed onoravali tutti indistintamente nel vasto impero del suo signore.

Nè è da credere che l’Oriente andasse immune dalle influenze di quello spirito di riforme e di progresso nel senso italiano, le quali venivano messe in giuoco dai rifugiati italiani colà residenti.

E fu appunto questo spirito riformatore e civilizzatore dell' Oriente, il quale riceveva gl’impulsi dal ministro inglese in Costantinopoli e dagl’Italiani colà nel sobborgo di Pera residenti qualche pinta coadiutrice, cui si debbe più che a tutt’altra causa la missione di Chekib Effendi a Roma, nel febbraio 1847.

Ed affinchè le nostre parole trovino appoggio nei fatti, narreremo come il giorno 20 di febbraio 1848 fra le dimostrazioni che fecersi a monsignor Ferrieri, vi fu una iscrizione che se gli fece trovare in una sala ove leggevasi:


a carlo alberto re di sardegna
padre dei suoi popoli
che tutela la causa dell’umanità
della religione e di pio ix
la grata riconoscenza dei suoi sudditi in costantinopoli
.1


Quattro giorni prima aveva avuto luogo un banchetto

  1. Vedi Documenti vol. IV, num. 47. — Vedi la Gazzetta di Roma del 13 marzo pag. 163.