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Torre. Si attribuì a quest’ultimo di avere esercitato tutti gli sforzi onde non si sparasse.1

E voglion sapere i nostri lettori quale fosse questo cannone? Fu quello che si nomò il san Pietro, e che venne fuso per la guardia cittadina in tempo delle tenerezze sviscerate per Pio IX: questo cannone stesso fu portato per abbattere le porte del suo palazzo.

Quella tregua poi dei trenta minuti accordata dal Galletti al suo sovrano che circa due anni prima liberollo dai ceppi, non segna il punto culminante della umana nequizia e della più perfida ingratitudine? Il Galletti vive ancora, vive il Pentini, e nella casa di quest’ultimo si conserva ancora l’orologio che indicar doveva i minuti della tregua. Da qui si veda quanto poco valgan quegli entusiasmi smodati, che han per base il sotterfugio e il delitto, e non la verità e la virtù.

Finalmente nella incertezza e trepidazione orribile in cui tutti versavano, e mentre eran prossimi a spirare i trenta minuti, si escogitò di concerto con monsignor Pentini un temperamento, il quale, senza compromettere il Santo Padre, soddisfar potesse agli ammutinati e indurli a disciogliersi; e con questo temperamento che lasciò al Santo Padre la gloria di non aver ceduto, si ottenne l’intento.

La questione potissima e vitale dell’ammutinamento fu serbata intatta per parte del papa, e ne fu devoluto lo scioglimento all’assemblea legislativa. Solo si ammise dal Santo Padre, che salvo la presidenza del Consiglio dei ministri, ch’esso onninamente riservava ad un ecclesiastico, potesse il Galletti formare il ministero assumendo egli stesso il portafoglio dell’interno. Questo il temperamento proposto, e questo lo scioglimento di una catastrofe che poco mancò non divenisse sanguinosa e tremenda.

A meglio provare ciò che asseriamo, riporteremo le parole dello stesso Galletti desunte dall’opuscolo che pub-

  1. Vedi il Ristretto del processo Rossi, pag. 475