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fatiche e di pericoli, tutti i nostri pensieri si volsero a migliorare la condizione dei nostro popolo e a confermarlo, colla bontà delle istituzioni all’ordine de’ tempi accomodate, nell’antica sua affezione al governo della Chiesa. Concedemmo, prima che ne fossimo richiesti, tutto quello che a noi parve utile e buono: concedemmo tosto che richiesti, quel ch’era da molti desiderato e a noi parve possibile ed onesto. Quando però l’impazienza dei desideri non aspetta il legittimo frutto delle istituzioni, poc’anzi con tanta gioia ricevute, e si avanza a chiederci cose, che la nostra coscienza giudica avverse ai diritti di quella sovranità, di cui siamo in nome della Chiesa depositari, e ai bene dei nostri popoli, che non può stare col turbamento dell’ordine pubblico, allora la necessità del dovere c’impone la fermezza del rifiuto. E se coi delitti ci si vuol fare violenza, noi deploreremo amaramente la vergogna che fa ad un popolo generoso e buono la malizia di pochi; ma siamo pronti nella umiltà del nostro cuore a patire ogni cosa, piuttosto che volere quello che non possiamo e non dobbiamo. Bensì con voce ferma adempiamo l’obbligo del ministerio, che da Dio ci è dato di predicare agli uomini tutta la giustizia in mezzo o alla ebrezza, o al terrore delle passioni. Ricordiamo che sopra tutti e popoli e principi sta l’altissima giustizia di Dio, d’innanzi alla quale non è delitto che non porti in se medesimo la semenza della sua pena. E in quella misericordia che pur sempre veglia al lato della giustizia, ci confidiamo che questa nostra voce sia ascoltata, perchè cessino i tumultuosi e disordinati movimenti e le concitate agitazioni, e perchè la pace e la concordia risplendano sopra questa città, a cui Dio ha dato tanti pegni della sua clemenza.»

Abbiamo riportato questa notificazione perchè stante gli avvenimenti del giorno non venne pubblicata, e dobbiamo all’abate Coppi, da cui l’abbiam presa, la conoscenza di questo documento il quale, se pure fosse stato